Si scrivono ancora romanzi “puliti” in cui le persone si dibattono nel groviglio dei sentimenti senza dover ricorrere al linguaggio naturistico decontestualizzato, sottratto all’ambito che gli sarebbe proprio e nel quale dovrebbe essere mantenuto. Questa è la prima qualità dello scritto di Rita Pomponio. Ma “Il prisma di cristallo” contiene anche un segreto: il racconto della realtà quotidiana espresso implicitamente sotto forma di romanzo psicologico, sicché il libro appare come una seduta psicoanalitica in cui i gesti della vita di tutti i giorni, da privati diventano pubblici, affinché‚ il lettore vi si rispecchi e vi si ritrovi.
Più specificamente, l’universo antiquato e immobile di un paesino montano dell’Abruzzo, lontano dal clamore degli anni ’60, dove le “femmine” sono destinate esclusivamente a prendere marito e a fare figli, costituisce lo scenario del difficile rapporto tra Milvia, un’adolescente che sogna di diventare una scrittrice, e Norma, la madre.
Norma, spaventata dal comportamento della figlia che tende a una scelta di vita a lei inusitata e per altro negativamente giudicata dall’intero paese, cerca di reprimerne le aspirazioni letterarie che la renderebbero “diversa”. E’ dura la battaglia della ragazza che non vuole rinunciare ai propri ideali e che non intende sottostare ad assurde imposizioni.
Nei movimenti dei protagonisti si scopre l’impossibilità di avere certezze nel giudicare il mondo che li circonda. I fatti non sono mai nella realtà come appaiono. I protagonisti del romanzo si muovono prigionieri di una fitta ragnatela di sentenze divulgate da comare Vincenza, la “voce del paese”, che simboleggia la società, spesso nemica. Si scopre infine che un evento è diverso se sottoposto al giudizio di più persone. Anche tra gli uomini si verifica ciò che accade alla luce quando attraversa un prisma di cristallo: essa si scompone in una iridescenza di colori che appaiono diversi a seconda del punto di vista.
Sulla “pulizia” del romanzo di cui si diceva all’inizio, non si può non accennare a un evento che, pur essendo essenziale nelle vicende del libro, non è mai espresso apertamente. Il pudore “letterario” impone alla scrittrice soltanto rapidi accenni al tragico stupro che una giovinetta subisce da un padre snaturato inducendola al suicidio.
Antonio Spinosa
(Giornalista, Scrittore)